Il Lockdown dovuto all’emergenza del Coronavirus ha avuto degli effetti importanti su vari aspetti della vita delle persone. Una delle sfere maggiormente colpite è quella del rapporto con il cibo, in modo particolare per chi soffre di disturbi alimentari, ma anche per chi ha semplicemente un rapporto conflittuale e/o ambiguo con l’alimentazione.
Quali sono, quindi, gli effetti della quarantena sul rapporto con il cibo? Qual è la relazione tra lockdown e disturbi alimentari?
Quello con il cibo è un rapporto che riveste significati simbolici nella vita delle persone: non significa solo nutrirsi per sopravvivere, ma è veicolo di emozioni, collante per i rapporti e un modo di vedere se stessi.
Regolare l’alimentazione non ha a che fare solo con la forma fisica: il voler perdere o mettere su qualche kg per tornare in forma ed essere in salute è una realtà molto frequente, ma non necessariamente correlata a rapporti compromessi con il cibo.
I disturbi alimentari, invece, prevedono rapporti conflittuali con se stessi, con la propria immagine e con l’immagine di sé proiettata all’esterno. Qualche tempo fa l’età media di esordio era di 25 anni, mentre oggi il numero è drasticamente sceso: i primi disturbi alimentari, ora, si registrano già all’età di 8-9 anni. Il fatto che l’età media si sia abbassata, implica anche un diverso tipo di approccio alla problematica: è importante, ad esempio, coinvolgere la famiglia nella diagnosi e nel trattamento ed allo stesso tempo è fondamentale tener presente che ad un’età così precoce il disturbo andrà a compromettere anche la sfera dello sviluppo (fisico e psichico).
Se l’insoddisfazione per le proprie forme fisiche insorge molto prima che in passato, è urgente mettere in atto strategie di prevenzione che coinvolgano anche – e soprattutto – la scuola.
Durante il lockdown causato dal COVID-19, dal 24 febbraio, sono stati sospesi i ricoveri per Disturbi Alimentari, quindi tante famiglie si sono ritrovate sole, senza supporto e tanti pazienti hanno avvertito un senso di abbandono.
In questo periodo molte persone hanno scoperto di avere un rapporto con il cibo alterato e qualcuno se ne è scoperto ossessionato. Come mai è successo proprio adesso e non in un altro periodo? Che legame c’è tra lockdown e disturbi alimentari?
La situazione di lockdown, l’essere costretti a casa e sradicati dalle proprie abitudini e dinamiche quotidiane, ha favorito una situazione di esposizione maggiore, continuativa, al cibo.
Prima, il rapporto col cibo era regolamentato da automatismi: la maggior parte delle persone faceva la colazione, poi la pausa pranzo, le merende programmate e, magari dopo il lavoro, una bella cena fuori. Tutte situazioni automatiche che non richiedevano di pensarci più di tanto.
Con il lockdown, invece, ci si è ritrovati a riflettere, a pensare ed a programmare i pasti: qualcuno ha deciso di ridurre le quantità di cibo per non perdere la forma fisica a causa di una maggiore sedentarietà, qualcuno ha cominciato a dedicarsi a sperimentazioni in cucina…e qualcuno ha visto i propri sintomi riacutizzarsi.
Alcune persone che già avevano attraversato il tunnel dei disturbi alimentari, hanno notato un ritorno – o aumento – della sintomatologia: ritrovarsi faccia a faccia con il cibo, avere tutto il tempo per pensarci, ha avuto le sue conseguenze importanti sulle persone che già avevano difficoltà con il cibo.
E, visto che l’acquisto di cibo era una delle poche libertà concesse per poter uscire di casa, è chiaro quanto sia diventato fondamentale il cibo durante il periodo della quarantena, in modo particolare il suo significato simbolico. C’è stata, quindi, un’attenzione eccessiva verso il food, un po’ tutti si sono ritrovati a pensarci 24 ore al giorno. Questo ha inevitabilmente coinvolto le persone con disturbi alimentari e le loro famiglie: non parliamo solo di Anoressia, Bulimia o disturbi gravi, ma anche Ortoressia o situazioni di eccessiva preoccupazione circa la propria forma fisica, anche in assenza di una diagnosi conclamata. Lockdown e disturbi alimentari, pertanto, hanno uno stretto legame.
Ma gli effetti del lockdown non sono stati necessariamente devastanti, o almeno non per tutti.
L’isolamento ha due facce e lo ha ben dimostrato durante il periodo di lockdown.
Tra gli effetti positivi della quarantena dovuta al Coronavirus, si annovera la possibilità, da parte di chi ha disturbi alimentari, di poter evitare situazioni sociali, tutte quelle situazioni, cioè, che comportano grande stress per chi è abituato a controllare l’assunzione di cibo. Cene fuori, aperitivi, occasioni in cui si è esposti allo sguardo altrui ed al severo giudizio di se stessi sono state necessariamente evitate e questo ha fatto sì che le persone sofferenti ritrovassero una dimensione di maggiore quiete, allentando la morsa dello stress.
Continuando ad indagare il rapporto tra lockdown e disturbi alimentari, tra le conseguenze negative della quarantena, invece, dobbiamo considerare la continua esposizione ai membri del proprio nucleo familiare, quindi la partecipazione ai pasti e alla loro preparazione: dover stare, ad esempio, a tavola con i familiari con cui si ha una convivenza patologica, non è una delle situazioni migliori, ed alza i livelli di stress e ansia, nonché il forte bisogno di controllare ancora di più la propria assunzione di cibo.
Il lockdown, quindi, ha portato effetti notevoli: chi soffre di disturbi alimentari, o chi ne ha sofferto in passato, ha visto riacutizzarsi i sintomi e qualcuno ha subìto una ricaduta che ha portato ad una nuova richiesta di aiuto.
Altre persone, invece, hanno scoperto di avere delle risorse che non avevano mai considerato: confrontarsi con la sofferenza ha portato all’emergere di nuove strategie di controllo, spesso più sane delle precedenti, e nuova fiducia in se stessi.
Si è rivelato molto utile, in questi casi, il supporto online, in modo particolare quello telefonico, che ha evitato che la persona si esponesse fisicamente in webcam e potesse, invece, trovare giovamento dal supporto della voce di un terapeuta.
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